La maestria del Mantegna nel ritrarre volti di personaggi dell'epoca o
di grandi figure del passato, più o meno mitico, è universalmente
riconosciuta. Nel viso dell'uomo o della donna, infatti, il padovano riesce
sempre a cogliere l'atteggiamento essenziale, l'anima che affiora nello
sguardo, nelle rughe, nella capigliatura; e questo senza perdere nulla
della realtà dell'attimo, tanto che spesso il soggetto sembra corrucciato,
come se la mano del pittore avesse svelato con una certa violenza l'intima
e segreta natura di una vita. Vasta è dunque la galleria di ritratti
terminati da Andrea, a partire ovviamente dal gruppo
ducale della Camera degli Sposi, in cui l'esistenza stessa della
Corte viene eternata attraverso il gioco del pennello, simile a una sottile
lama che incide per sempre sulle pareti i profili dei potenti.
Ma, per limitarci alle tele e alle tavole in cui appaiono i protagonisti
del tempo, dobbiamo innanzitutto ricordare il Ritratto del Cardinale
Ludovico Mezzarota, un Profilo d'uomo dall'attribuzione ancora
incerta e il Ritratto d'uomo di Washington, oltre alle due opere
che qui presentiamo. Impossibile tralasciare, inoltre, la serie di autoritratti,
veri o presunti, che il Mantegna disseminò lungo l'arco del suo
cammino, dalla Cappella Ovetari, alla Presentazione
al tempio, alla stessa Camera, alla Cappella in Sant'Andrea.
Chi conosce l'arte dell'effigie è condannato infatti a interrogare
continuamente il proprio volto, alla ricerca di un particolare che illumini
il procedere dell'inspiegabile avventura terrena.
Il Ritratto di Francesco Gonzaga, secondo figlio di Ludovico, nominato
ufficiosamente cardinale nel 1461, è databile all'anno immediatamente
seguente. Se l'attribuzione è ormai quasi certa, non altrettanto
sicura è l'identificazione del personaggio, anche se il raffronto
con il Francesco ritratto quasi frontalmente nella Camera degli Sposi
lascia pochi dubbi. Per quanto l'uomo sia effigiato in due età diverse,
alcuni tratti somatici sembrano ripresentarsi in modo convincente.
Dice il Venturi: Nel ritratto su sfondo nerastro (il Mantegna) ha trovato
una fusione nuova di chiaroscuro e coi più semplici mezzi ci ha
dato il profilo del Cardinalino con le labbra di moro, i capelli tagliati
corti che incorniciano diagonalmente la testa. La mantellina rossa, il
berretto pure rosso, e il roseo incarnato del volto danno al ritrattino
una lieta e viva intonazione.
L'opera è conservata a Capodimonte.
Al decennio successivo appartiene invece il Ritratto d'uomo di
Palazzo Pitti, che la maggior parte degli studiosi ha identificato nel
Cardinale Carlo de' Medici. Il Christiansen avanza invece alcune riserve:
Questo è il più bello dei ritratti del Mantegna giunti
fino a noi... Nel ciclo di affreschi dipinto a Prato da Filippo Lippi esiste
un altro ritratto, decisamente diverso da questo, ma che presenta forti
credenziali per essere accettato come immagine di Carlo... L'interesse
del Mantegna per i tessuti e la consistenza delle stoffe, la fronte corrugata
del personaggio - descritta come una roccia solcata da fessure - e la brillante
armonia dei rosa, rossi e vermigli, non hanno riscontri nelle opere più
tarde.
Afferma il Venturi: Grandi gli occhi sdegnosi, tese le sopracciglia,
adunco il naso, come abbronciate le labbra, grossi gli zigomi. Una grande
energia spira dalla figura, una tenacia inflessibile, una rudezza imperiosa.
E le medesime annotazioni potrebbero essere ripetute per molti altri
personaggi ritratti dal Maestro, che evidentemente trasfondeva in loro
elementi del suo stesso carattere.
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