La storia di un luogo



Quale è dunque la storia e l'anima di questa casa, che Mantegna volle per sé e che secondo i suoi dettami venne costruita? Seguendo l'interessante libro scritto in merito da Gianfranco Ferlisi, riprendiamo innanzitutto una breve descrizione della cultura mantovana del tempo:
Non è un caso che proprio qui, più ancora che a Roma, venga fondato il concetto di classicismo come istanza dialettica che sarà poi alla base della cultura artistica anche nel cinquecento... le scelte di Ludovico si indirizzavano sia ad una riorganizzazione del territorio in funzione del recupero di finti di reddito... che ad interventi urbani...
Nella dolce solitudine dell'isola mantovana, al cospetto del sogno imperiale di Ludovico e Barbara, la sua personalità
(di Andrea Mantegna) si inserì perfettamente: quasi come in un sogno cominciò a vivere da antico tra gli antichi...

Così nasce, come abbiamo visto, il progetto di una dimora posta sull'asse viario tra Palazzo Ducale e il tempio albertiano di San Sebastiano, ideato negli anni sessanta del secolo.

In realtà, non si sa chi abbia effettivamente edificato la Casa: si parla, ad esempio, di Giovanni da Padova, ma i dubbi rimangono. Comunque, l'epigrafe scolpita sopra un rinforzo marmoreo d'angolo offre la data esatta di inizio dell'impresa, il 1476. Abbiamo già menzionato le lungaggini in cui si dibattè il cantiere, e ricordato le successive vicende della vita di Andrea, in perenne movimento tra diverse dimore mantovane. Probabilmente, egli abitò nella Casa solo tra il 1496 e il 1502. In quell'anno infatti il marchese Francesco acquistò l'edificio dall'artista, che forse temeva di rimanere vittima della miseria, oppresso come era da molti debiti (famosa la cessione ad Isabella d'Este di un busto romano raffigurante l'imperatrice Annia Faustina, da lui molto amato).
Da allora, questa specie di tempio laico seguì il destino della dinastia dei Gonzaga, fino alla vendita al ramo minore di Vescovato, avvenuta nel 1607. Il luogo passò poi a meno illustri famiglie, che rimaneggiarono l'abitazione. In breve, agli inizi del novecento la Casa era letteralmente inglobata all'interno di una scuola, l'Istituto Tecnico Pitentino.
Scrive Ferlisi: Solo negli anni quaranta, a guerra dichiarata, l'antico edificio venne scorporato dal fabbricato scolastico e, per quanto possibile, riportato alle forme originali. L'Amministrazione Provinciale si assunse l'onere dei lavori di restauro... Il lavoro fu enorme e così pure la trasformazione.

Dei decori dell'abitazione quasi nulla era rimasto, ma la struttura originaria riemerse nella sua purezza, per quanto non si sappia ancora se sia esistita o no una cupola a copertura del cortile interno. Comunque, vennero adeguatamente ripristinati i due piani, il tracciato geometrico della pianta e il giardino posteriore.
Tra gli affreschi superstiti, ritroviamo oggi un sole radioso attorniato da anelli fra loro incatenati, e lo stemma di Andrea, che ha appunto il sole come centro ispiratore.



Malacarne, studioso mantovano di araldica, così si esprime a proposito delle insegne mantegnesche:
Dunque lo stemma concesso ad Andrea Mantegna dal marchese di Mantova Ludovico Gonzaga si blasona: spaccato: nel I d’argento ad un sole meridiano (posto nel capo) radiato d’oro con cartiglio (o nastro) svolazzante tra i raggi (bianco) caricato del motto par un desir; nel II fasciato d’oro e di nero di quattro pezzi.
Il Gonzaga molto doveva amare Andrea se giunse a concedere la sua arme, pur se brisata, non solo, ma anche la sua impresa del sole che Attilio Portioli narra Ludovico avesse assunto dopo l’infelice giornata della battaglia di Caravaggio avvenuta il 5 settembre del 1448, nella quale perse molti dei suoi oggetti personali.
Carla Cerati ha voluto leggere nell’impresa in questione un significato non legato alla vita di Ludovico, ma invece strettamente collegato ad un repertorio religioso nel quale il sole è simbolo di Dio e quindi un simbolo atto ad impetrare ed a rappresentare la protezione divina. Il lavoro assai interessante della Cerati, relativamente all’interpretazione dell’impresa, non tiene in considerazione l’intervento in tal senso di Rodolfo Signorini, il quale sostiene invece la non peregrina ipotesi -peraltro corroborata da ampia documentazione- che Ludovico portasse nelle sue insegne l’emblema del Sole in quanto nato di domenica che è il dì del sole.
Importante ci pare al proposito una lettera del vicario di Roncoferraro, il quale, il primo settembre del 1459 così scriveva a Ludovico: 'La Signoria Vostra nacque sotto pianeto di Sole e porta el Sole, e pensa che se non fusse el Sole che nui seremo sotoposti a le gran tenebre'. Il mistero circa il nesso da ritrovarsi tra il corpo dell’impresa - il sole - e la sua divisa - il filatterio col motto par un desir - non deve poi costituire eccessivo problema se si pensa allo scopo per il quale gran parte delle imprese venivano create, ed alla coltre nebbiosa che, forse artatamente, si costruiva intorno ad esse.
Il fasciato che costituisce la parte inferiore dello stemma di Mantegna trae invece origine dall’insegna che Luigi Gonzaga, capostipite della dinastia, innalzava il 13 agosto 1328 quando prese il potere a Mantova e che restò nello scudo Gonzaga fino al 1708, anno in cui morì l’ultimo duca Ferdinando Carlo.


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